Chiara Pandiani: la mia squadra è una seconda famiglia

Beatrice Brighenti e Lara Mucciante intervistano la compagna di squadra Chiara Pandiani

Beatrice e Lara sono lì, sorridenti, fianco a fianco. Anzi no, per essere precisi sono spalla contro spalla, in modo da essere inquadrate al meglio, visto che l’intervista a Chiara Pandiani la condurranno in due.

Lara ha i capelli lisci, che contrastano con la cascata di riccioli di Beatrice; l’auricolare diviso fra le due ragazze strappa un sorriso, ma non si può non pensare che, in fondo, Ragazze Nel Pallone è una enorme esperienza di condivisione; quell’auricolare, quindi, sta proprio bene così…

Nel ‘mirino’ delle ragazze c’è una loro compagna di squadra, Chiara Pandiani: stasera si parla di rugby. Scordatevi i toni formali, però: è una chiacchierata tra amiche cui avremo l’occasione di assistere.

Chiara Pandiani, un legame profondo con il rugby

Chiara Pandiani gioca nel Venezia Rugby dal 2016: è Lara, la vice-capitana, ad iniziare con le domande e naturalmente le chiede com’è nata la sua passione per il rugby. Anche nel caso di Chiara il caso, o se preferite il destino, ha fatto la sua parte. Un volantino consegnatole da due ragazze ad una sagra a Venezia, e naturalmente la sua decisione di provare a giocare.

Da lì nasce questo legame profondo di Chiara con il mondo del rugby, che prosegue dal 2016 e non accenna minimamente ad affievolirsi. Anzi, nonostante un infortunio che l’ha tenuta ferma per parecchio tempo e la pandemia che ha travolto tutto, compreso il mondo dello sport, il richiamo del rugby è stato forte e costante, la nostalgia del campo troppa per non tornare.

Mentre Chiara parla, simpaticamente incalzata dalle compagne, sono davvero pochi i momenti in cui non sorride: il rugby per lei dev’essere davvero motivo di grande gioia, il suo sguardo brilla mentre ne parla.

L’importanza della squadra per Chiara Pandiani

Le domande si fanno via via più importanti: “…che cosa rappresenta la squadra per te ?”. Chiara ci mette ben poco a focalizzare il concetto: “la squadra per me è come una seconda famiglia”. La parola è importante, il tono con cui la frase viene pronunciata è privo di esitazioni.

Basterebbe questo a far capire quanto lo sport sia importante per la vita di tante e tante persone, quanto riesca a cambiarla in meglio, quanto possa portarti in una dimensione in cui esplodono quelle emozioni di cui ognuno di noi ha bisogno.

La stessa Chiara del resto lo sottolinea, quando riferisce il fatto che a volte alcune persone le chiedono di saltare gli allenamenti per andare a divertirsi, cosa che per una giovane come lei non sarebbe poi tanto strana. Ma per lei la squadra è vitale e non può finire tanto facilmente in secondo piano.

Lo sport è passione e dedizione, dalle parole di Chiara Pandiani questo emerge con grande chiarezza, pur se lei e le sue compagne mantengono sempre frizzante e disimpegnato il tono della conversazione.

L’impegno di Chiara nel sociale

Ma l’impegno nello sport è decisamente serio, anche nei risvolti che esulano da ciò che succede sul terreno di gioco. Beatrice affronta una questione importantissima, che implica due concetti molto profondi: l’inclusione e l’accessibilità. Ed il rugby li racchiude tutti e due.

Da un lato infatti dà importanza ad ogni giocatrice facente parte della squadra, dall’altro permette di giocare anche a chi è diversamente abile. Proprio Chiara Pandiani è impegnata, ed orgogliosa di esserlo, in un progetto della Federazione Italiana Rugby in cui, insieme ad altre persone, allena a Mestre ragazzi con diverse disabilità cognitive; la maggior parte di essi è affetta da disturbo dello spettro autistico; è un’attività di certo impegnativa, ma che Chiara interpreta con grande entusiasmo.

Lara non manca di ricordare come Chiara di questo progetto parli sempre con gioia…è vero, sul viso di lei appare chiaramente quanto questa attività la gratifichi, al punto che le piacerebbe addirittura portarla a Venezia, espandendo il progetto.

Un po’ di leggerezza

La chiaccherata con Chiara Pandiani volge al termine, ed il tono si fa più leggero. Si va dalla nascita del “grido di battaglia” della squadra, “BAT UMBE” (uno strano ibrido originato dal nome abbreviato di una persona e dall’incontro con dei simpatici pipistrelli durante una trasferta), alle immancabili figuracce in campo.

Lo sport, se ci pensiamo, al di là dei risultati del campo è fatto di contatto umano: di rivalità certamente, ma anche e soprattutto di rapporti di amicizia che spesso rimangono per sempre, come per sempre rimarranno i dialoghi di queste ragazze, le esperienze condivise, i valori che permeano le loro vite e che il rugby finisce per incorniciare ed esaltare.

Sembra quasi di vederle e sentirle, mentre gridano quel “BAT UMBE”………… 🙂

Marco Tamanti Pallone al Femminile